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Controllare le dosi, ridurre l’uso dei prodotti a quanto consigliato nelle istruzioni, vuole dire – nella media – dimezzare i consumi. E’ probabile (stime RSPO, l’associazione che promuove l’olio di palma certificato) che i consumi di olio di palma nei prodotti per lavare ammontino a circa 100.000 tonnellate all’anno. Riducendo lo spreco dei prodotti, probabilmente, si può anche dimezzare.

 

C’è olio di palma in quasi tutti i prodotti per lavare e nella cosmesi. Il problema non è tanto la composizione, ma l’uso, talvolta lo spreco, delle decine di prodotti, simili tra loro, che popolano le nostre case e la nostra vita. Troviamo olio di palma o i suoi derivati  in saponi, creme, shampoo, ammorbidenti, anche in composizione rilevante: dopo l’acqua può essere anche il primo ingrediente. Il problema è che ne usiamo tanto, troppo. Dieci anni fa scrivevamo:

«Ognuno di noi consuma annualmente oltre 25 chili di prodotti per lavare. La gran parte, 12/13 chili, solo per fare il bucato: primi in Europa e nel mondo, contro gli 8 chili degli austriaci e i 4 degli scandinavi. È vero che in questi paesi sono più diffusi i prodotti concentrati (cioè con meno acqua o carica), ma non c'è confronto, siamo noi i principali divoratori di detergenti. Nelle case italiane si trovano normalmente una ventina di diversi prodotti per lavare, in quelle europee la metà».

Non c’è ragione per credere che abbiamo smesso di essere i più spreconi in Europa: lavarsi è bene, eccedere nei prodotti serve solo ad inquinare le acque.

Il mito del “bianco” sinonimo di progresso, nato nel dopoguerra, dovrebbe appartenere al passato.

Assocasa, l’industria di settore, da più di dieci anni non pubblica più le quantità vendute, solo i fatturati. Con la pandemia hanno ammesso che il fatturato è cresciuto, e di molto: ad agosto + 4,6%. Il settore cura casa (dati Nielsen) che segnava un +1,3% sino a febbraio 2020, balza nei mesi successivi ad un +17,8% in valore.

 

Un po’ di storia

È la storia secolare dell’industria chimica a dimostrarlo. Il famoso sapone di Marsiglia, un secolo fa, era ancora prodotto a partire dall’olio di olive. La Palmolive nasce negli Stati Uniti nei primi del Novecento da una saponetta di successo che per la prima volta usava sia l’olio di palma che di olive. Da allora l’olio di palma prende lentamente il sopravvento perché costa poco. Il nuovo regolamento (UE) 2019/701 della Commissione europea, del 5 aprile 2019, che stabilisce un glossario delle denominazioni comuni degli ingredienti da utilizzare nell’etichettatura dei prodotti cosmetici: la palma è presente in ben 529 sostanze. Talvolta ben occultata in denominazione che solo un chimico specializzato esperto può decifrare. Quindi distinguere per il consumatore finale è impossibile e forse – dal punto di vista ambientale – inutile. Ma la storia millenaria dei saponi dimostra che, usare altri oli vegetali è sempre stato possibile. Meno desertificazione delle campagne e aumento dei posti di lavoro.

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