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Scegliamo chi scrive “senza olio di palma”, scritta che siamo stati abituati a leggere sull’etichetta delle principali marche di biscotti e dolci italiani, anche di grandi marche della distribuzione. Ma soprattutto, quando possiamo e vogliamo, limitiamo l’acquisto e il consumo di cibi con eccessive quantità di grassi, zuccheri e sale. Più dell’olio di palma in sé, è una dieta con poca frutta e verdura e con troppi grassi, dolci, fritti e salati a rovinare la salute.

L’olio di palma è ancora presente in numerosi alimenti: lo troviamo negli scaffali dei supermercati, in biscotti di alcuni grandi marchi, merendine, snack dolci, barrette anche proteiche, snack salati, patatine, grissini e altri prodotti da forno, pasta sfoglia, capsule di caffè al ginseng, creme spalmabili, dadi da cucina. La Ferrero, solo nel 2019, dichiara di aver acquistato 204.200 tonnellate di olio di palma, mentre la Nestlé 425.514 tonnellate. Il consumo nazionale stimato negli alimenti si aggira sui 340.000 (7 chili ogni adulto all’anno).

L’etichetta

Dal 2014 il Regolamento UE 1169/2011, ha imposto che sull’etichetta dei prodotti alimentari si debba indicare l’origine di tutti gli alimenti che contengono oli o grassi di origine vegetale, non è più stato possibile nascondere l’olio di palma dietro la dicitura generica “oli e grassi vegetali”. Ma certamente a nessuno viene in mente di leggere l’etichetta della brioche surgelata appena sfornata al bar o l’olio di frittura delle patatine di contorno dell’aperitivo. Ma in questo caso l’autodifesa è semplice: anche se non ci fosse olio di palma, troppi grassi-zuccheri-sali fanno male, quindi evitiamo uso quotidiano.

Leggendo attentamente l’etichetta, si trova soprattutto nei prodotti ready to eat, come i noodles, i preparati per risotti. Come nella linea Knorr di risotti pronti, dove l’olio di palma è pressoché ubiquitario, trovandosi nella ‘Risotteria alla milanese’ (al posto del burro) e alla ‘parmigiana’, nel risotto ‘vegetariano’ come in quelli alla zucca, ai funghi, agli asparagi, al pomodoro e agli spinaci, nei risotti di pesce, ai gamberetti e alla pescatora. E’ molto usato nelle fritture, anche nei ristoranti e nelle friggitorie, nascosta persino dietro la dicitura “margarina vegetale”. Negli USA i preparati per fritture da giardino (Pepsi) vengono anche la bottiglietta d’olio di palma da usare allo scopo.

 

Perché meglio limitare i grassi e scegliere oli vegetali insaturi

Se l’aumento della produzione di olio di palma nel mondo fa molto male all’ambiente (estensione delle piantagioni a discapito delle foreste tropicali), nutrirsi di eccessive quantità di olio di palma non fa bene alla salute, come qualsiasi eccesso di grassi, in particolare grassi saturi. Tra gli oli vegetali, quello di palma ne contiene quasi la metà. L’olio di palma non fa male alla salute, ma fa male l’abuso di grassi. Aumenta il colesterolo LDL nel sangue e quindi il rischio di malattie cardiovascolari.

Non basta. Tutti i principali utilizzatori al mondo di olio di palma a fini alimentari sono grandi industrie produttrici di dolci, prodotti da forno (pasticceria), snack salti, fritti e pietanze pronte (per bar, mense, tavole calde), che usano in grandi quantità olio poco costoso, da arricchire con grandi quantità di zucchero e di sale. La combinazione grassi saturi + zucchero + sale + aromi che attira, piace, alla base del successo commerciale ma anche del “cibo spazzatura”, causa di obesità e delle malattie del secolo. L’olio di palma non fa male da solo, fa male l’abuso di cibo industriale.

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