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ENI

Stiamo parlando dell’Azienda italiana che per il quarto anno consecutivo si qualifica come migliore società esplorativa del settore, con attività in 67 Paesi in tutto il Mondo, dal mare di fronte alle meravigliose coste dell’Algarve in Portogallo e quellodell'Alaska nel circolo polare artico.

Dal Golfo del Messico al Venezuela all’Oceano Indiano tra Indonesia e Australia. Mar Caspio kazako e il Mare di Barents, al largo della Norvegia. E ancora le acque di fronte alle coste africane del Ghana, dell’Angola, della Repubblica Democratica del Congo, del Mozambico. E il Mediterraneo, con perforazioni e nuovi progetti che interessano in Itali alL’Adriatico e lo Jonio, dalla Basilicata alla Sicilia, ma anche Paesi del Nord Africa e Medio Oriente, come Egitto, Libia, Libano, Cipro. Il sottosuolo di Algeria, Tunisia, Oman, Iraq. Di Pakistan e Myanmar. Della Russia e del Turkmenistan, ma anche del Regno Unito. E la foresta amazzonica dell’Ecuador.

ENI, l’azienda energetica a prevalente capitale pubblico, che nel 2018, mentre in tutto il mondo si parla di cambiamenti climatici, di obiettivi di decarbonizzazione, di come sviluppare urgenti azioni di adattamento e mitigazione al surriscaldamento globale, stabilisce un nuovo record di produzione con 1,9 milioni di barili/giorno, la più alta mai registrata dalla compagnia, facendo registrare un incremento del 5% nella produzione rispetto al 2017 e incrementando, nell’ultimo anno, il portafoglio di titoli minerari attraverso l’acquisizione di nuovi 29.300 kmq di titoli esplorativi distribuiti tra Messico, Libano, Alaska, Indonesia e Marocco. Certamente il più grande gruppo industriale italiano e la sua storia, sin dagli anni cinquanta, ha visto un profondo intreccio con le politiche economiche e di sviluppo interne al Paese e gli affari esteri. Perché dal dopoguerra ad oggi petrolio e gas sono stati uno dei motori della crescita economica, ed ENI ha avuto un ruolo centrale nel garantire gli approvvigionamenti con estrazione e distribuzione, assumendo un peso rilevantissimo nella politica estera italiana proprio per queste ragioni. 

Ma nel 2018, dopo che il mondo ha deciso di prendere la strada opposta della decarbonizzazione dell’economia con l'Accordo di Parigi sul Clima, ENI sta davvero andando nella direzione giusta? E non è rilevante che, come sempre accade quando si ha a che fare con estrazioni di petrolio e gas, siano tante le proteste che si aprono nei territori contro questi progetti?

I pozzi e gli oleodotti hanno infatti creato proteste a seguito di danni ambientali e non solo, come nel caso della Nigeria dove la popolazione locale ha portato la società in tribunale chiedendo un risarcimento per disastro ambientale a causa dello sversamento di petrolio da un oleodotto che ha contaminato una vasta area. O in Ecuador, dove la protesta viene dalle comunità indigene della Foresta amazzonica che avrebbero avuto diritto alla consultazione e al consenso, come stabilito dalla costituzione ecuadoriana. O in Montenegro, dove ENI ha firmato una concessione per l'estrazione di idrocarburi offshore del comune di Ulcinj. E ancora, per stare più vicini a noi, in Basilicata dove tante sono state in questi anni le proteste e anche le inchieste per inquinamento dei suoli e della falda. A quelli esistenti si aggiungono poi i tanti nuovi progetti che preoccupano per impatti ambientali su ecosistemi delicatissimi, con ricadute sociali ed economiche non indifferenti, e che animano proteste e manifestazioni nei Paesi in cui è lecito farlo (purtroppo un numero limitato, avendo molti di questi Paesi governi repressivi).

Di sicuro nei prossimi anni l’Italia, l’Europa e il Mondo dovranno ridurre i consumi di petrolio e gas. Con l’entrata in vigoredell’Accordo di Parigi sul Clima è stato fissato un chiaro impegno internazionale per contenere l’aumento della temperatura mediaglobale ben al di sotto dei 2°C rispetto ai livelli pre-industriali, e quella dell’uscita dalle fossili è una condizione non più negoziabile.Questa prospettiva è quanto mai urgente da percorrere, perché già sono evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in tante areedel Pianeta, ma soprattutto desiderabile perché un modello energetico incentrato su efficienza e rinnovabili è l’unico in grado di favorire uno sviluppo davvero distribuito e democratico.

Nei prossimi mesi l’Italia dovrà, come tutti gli altri Paesi europei, presentare un piano non solo coerente con gli obiettivi europei sul clima e l’energia al 2030, ma anche in grado di guardare agli obiettivi al 2040. E in questo scenario la forte riduzione dei consumi di gas nel settore elettrico e civile, attraverso una generazione di energia sempre più distribuita e rinnovabile, e quelli di petrolio nei trasporti sono un passo imprescindibile. Ed è evidente come il problema evidente è che questa traiettoria rischia di trovare davanti a sé un macigno proprio nel più grande gruppo industriale italiano, oltretutto controllato dallo Stato. E il Mondo rischia di avere l’Eni come NEMICO DEL CLIMA, campione delle fonti fossili e avversario nella lotta ai cambiamenti climatici.

Ed è per questa ragione che Legambiente, ma non è la sola, lancia per il secondo anno un allarme forte e chiaro sulla situazione e i danni ambientali già evidenti e sul pericolo che Eni rappresenta per il Pianeta se non cambierà direzione di marcia. Nel dossier Enemy of the planet numeri, informazioni e storie sui progetti di Eni nel campo delle fonti fossili, ma anche quei pochi realizzati nelle rinnovabili. Perché perfino analisti e operatori finanziari, tradizionalmente meno attenti alle questioni ambientali, lanciano da qualche tempo un avvertimento alla platea di portatori di interesse circa la redditività di imprese incapaci di diversificare rispetto a una strategia industriale imperniata sul fossile. E oggi ENI appare tutta proiettata verso un futuro di espansione delle estrazioni di petrolio e gas, lasciando solo le briciole degli investimenti alle fonti pulite.

Noi pensiamo che questa strada sia sbagliata e chiediamo al Governo italiano di essere coerente con gli impegni sottoscritti a livello internazionale. Di sicuro continuare con una Eni nemica del Pianeta è uno scenario inaccettabile e ci batteremo insieme a associazioni, movimenti e cittadini per impedirlo.

Approfondimenti:

- Dossier Eni 2019, Enemy of the Planet

- Stop Sussidi alle Fonte Fossili

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