ePrivacy and GPDR Cookie Consent by Cookie Consent

Maxi multa per Eni: ha ingannato i consumatori, il “Green Diesel” non è “verde”

Il provvedimento dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato a seguito di un esposto di Legambiente, Movimento Difesa del Cittadino e Transport & Environment è la prima sentenza italiana contro il ‘greenwashing’.

Arriva la conferma anche dal Tar del Lazio. Ora è il governo che deve limitare l’abuso di biocarburanti dannosi e le vendite di motori diesel.

 

 

Il 15 dicembre 2020 l’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha disposto una multa di 5 milioni di euro nei confronti di Eni, il colosso energetico italiano a prevalente capitale pubblico, per “pratica commerciale ingannevole” in merito alla pubblicità “ENIdiesel+”, che ha inondato giornali, televisione, radio, cinema, web e stazioni di servizio dal 2016 al 2019. La decisione riguarda il messaggio, dichiarato ingannevole, di un diesel bio, green e rinnovabile, che «riduce le emissioni gassose fino al 40%». L’Autorità aveva imposto a Eni di non utilizzare più la pubblicità e disposto una sanzione amministrativa, per pratica commerciale scorretta di 5 milioni di euro “pari al massimo edittale”, tenuto conto della gravità e della durata della violazione.

Contro questa sentenza Eni ha proposto ricorso, ma il TAR del Lazio - nell'udienza dell'8 novembre 2021, ha respinto il ricorso, confermando che “non è consentito nella comunicazione pubblicitaria considerare “green” un gasolio per autotrazione, ovvero un carburante che per sua natura è un prodotto altamente inquinante, né dichiarare che attraverso il suo utilizzo è possibile prendersi cura dell’ambiente”. Neppure un gasolio con una elevata componente di olio di palma, causa di deforestazione nel mondo.

 

È una vittoria completa, anche per Legambiente, Movimento Difesa del Cittadino e Transport&Environment che avevano dato inizio al ricorso presso l’Autorità garante per la Concorrenza e il Mercato (AGCM) nel febbraio 2019.

La vicenda è stata denunciata la prima volta in articolo pubblicato a gennaio dalla rivista “La Nuova Ecologia”, la storica testata di Legambiente.

La sentenza oggi rappresenta un segnale forte nei confronti delle compagnie di combustibili fossili e dei loro tentativi di rappresentare al pubblico i biocarburanti come rispettosi dell'ambiente e addirittura come parte della soluzione alla crisi climatica.

Il gasolio Eni-Diesel+ viene oggi prodotto presso le raffinerie Eni di Venezia e di Gela  grazie all’utilizzo di una componente del 15% di HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) e nell’impianto italiano si produce questo componente da olio di palma grezzo e dai suoi derivati, come dimostrano i dati ufficiali del GSE (Gestore Servizi Energetici) disponibili sino al 2018 (550 mila tonnellate finite nei serbatoi auto e camion).

La sentenza sul greenwashing di Eni afferma che «è particolarmente ingannevole utilizzare la denominazione “Green Diesel” e le qualifiche “verde” e “rinnovabile” per riferirsi alla componente HVO del prodotto», principalmente a causa delle emissioni associate all’uso di olio di palma. Sostiene, inoltre, che non esiste alcuna giustificazione o calcolo che giustifichi la riduzione del 5% delle emissioni di gas serra.

Le associazioni sollecitano, inoltre, il Governo a interrompere gli incentivi all’uso dell’olio di palma nel diesel.

L’Italia è, infatti, il secondo produttore di biodiesel da olio di palma nell’Unione europea. Più della metà (54%) di tutto l’olio di palma e derivati ​​importati in Italia nel 2018 è stata utilizzata per produrre biodiesel, principalmente nella raffineria di Eni a Porto Marghera, Venezia e di Gela in Sicilia. L’olio di palma proviene principalmente dall’Indonesia e, in misura minore, dalla Malesia, due paesi che dove sono stati registrati imponenti tassi di deforestazione negli ultimi due decenni.

L’Europa ha già etichettato l'olio di palma nel gasolio come insostenibile. Gli europei mangiano sempre meno olio di palma mentre, ne bruciano senza saperlo sempre più utilizzando auto e camion. L’anno scorso il 65% dell’olio di palma importato nell’UE è stato utilizzato per l’energia; il 53% è stato utilizzato per produrre biodiesel per auto e camion - un massimo storico - e il 12% per generare elettricità e riscaldamento - un altro record.

L’utilizzo dell’olio di palma per il biodiesel è cresciuto del 3% nel 2018, mentre il suo uso in altri settori come quello per la produzione di cibo e mangimi per animali è diminuito in modo significativo (-11%). Una tendenza che dimostra che la deforestazione causata dall’olio di palma è spinta principalmente dalle politiche europee e nazionali sui biocarburanti.

Lo scorso marzo, la stessa Unione Europea ha stabilito che l’olio di palma non può essere considerato un combustibile verde e non va incentivato proprio perché causa la deforestazione. Il suo uso verrà gradualmente ridotto a partire dal 2023 con l’obiettivo della completa assenza nel 2030, seppur con alcune esenzioni. L’Italia, come ogni altro paese dell’Unione Europea, è chiamato a fare la sua parte modificando da subito i propri obiettivi sulle emissioni climalteranti, promuovendo energie rinnovabili anche nei trasporti eliminando gli incentivi per l’uso dell’olio di palma e dei suoi derivati ​​nel biodiesel.

La produzione di Olio di palma è tra le principali cause nella distruzione delle foreste pluviali e della fauna selvatica. Secondo uno studio per la Commissione europea, il biodiesel prodotto con olio di palma è tre volte peggiore per il clima rispetto a un prodotto diesel normale se si tiene conto delle emissioni indirette causate dalla modifica nell’uso della terra.

 

 

Aiutaci a diffondere questa vittoria:

 

Condividi su Facebook

Condividi su Twitter

Entra in Change Climate Change