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Piattaforme petrolifere Rospo di Mare

Le tre piattaforme di Rospo di Mare, gestite da Edison al 62% ed Eni al 38%, si trovano a largo della spiaggia di Punta Penna, nel Parco nazionale della costa teatina che abbraccia la costa dei Trabocchi.

Queste, grazie alla recente proroga della concessione rilasciata dal Ministero dello Sviluppo economico (MISE), potranno continuare indisturbate le loro attività fino al 2023. E come se non bastasse, lo stesso Ministero, con un decreto assolutamente inaccettabile, vorrebbe bypassare in maniera subdola la norma istituita dal Parlamento che esclude di procedere a nuove perforazioni entro le 12 miglia. Per ora questa clausola, su cui ci sono diversi ricorsi, non è scattata per Rospo mare, ma bisogna tener alta la guardia.

In Abruzzo le fonti fossili coprono l’75% dei consumi totali regionali (Simeri GSE, 2016), contro il 25% da fonti rinnovabili, con un consumo di 748 ktep di petrolio e 734 ktep di gas. La Regione è anche produttrice di fonti fossili: nel 2018, ha estratto 158.975 tonnellate di petrolio, pari allo 3,4% della produzione nazionale. Mentre la produzione di gas è stata di 155,8 milioni di Smc, pari a circa il 2,8% della produzione nazionale e che ne coprirebbe solamente il 0,2% del fabbisogno. Numeri risibili a cui è facile rinunciare nell’ottica della sfida globale dei cambiamenti climatici, che ci dice che nella transizione dalle fossili alle rinnovabili quelle risorse devono restare dove sono. A queste estrazioni, poi, andrebbero sottratti tutti i sussidi diretti e indiretti di cui godono. Basti pensare, infatti, che dal 2010 al 2018 le concessioni produttive di greggio in Abruzzo hanno estratto in totale circa 159 mila tonnellate di greggio, di cui 45mila, pari al 28%, sono risultate esenti dal pagamento delle royalties. E sempre per lo stesso periodo, le concessioni produttive di gas hanno estratto in totale 2.279 milioni di Smc, di cui 1.727, pari al 76%, sono risultati esenti dal pagamento delle royalties.