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Società JBS

La società JBS è l’azienda brasiliana più grande al Mondo di produzione di carne.

Nella sua storia recente è stata coinvolta in vicende di corruzione che hanno evidenziato le reti di 

compiacenze e sostegni con i governi dello Stato sudamericano, da Lula a Bolsonaro, finendo coinvolta in scandali saltati alla ribalta della cronaca mondiale. 

Recentemente l'agenzia governativa IBAMA che si occupa delle terre dei popoli indigeni della foresta ha attribuito a JBS l'acquisto di 59.000 capi bovini allevati in terre interdette al pascolo in quanto deforestate illegalmente. Compagnie legate a JBS vengono indicate dalle ONG come responsabili di deforestazione per almeno 30.000 ettari l'anno.

Ma perchè attribuire ad un'azienda brasiliana gravi responsabilità climatiche globali e locali? Perchè JBS è presente nel mercato italiano, principalmente con il marchio di salumi Rigamonti, maggior produttore del Consorzio Tutela Bresaola della Valtellina (Rigamonti 

fattura 110 milioni di euro annui, pari al 31% del valore della produzione dell'intero Consorzio di Tutela). E lavora, trasformandola in prodotto tipico alpino, una materia prima che in realtà arriva dal Sudamerica (come, in generale, gran parte di tutta la bresaola prodotta e commercializzata dal Consorzio).

 

Il Brasile da solo produce circa 10 milioni di tonnellate di carne. Di queste circa 120.000 sono dirette all'Unione Europea e i due principali acquirenti sono Gran Bretagna e Italia. L'Italia da sola acquista quasi un quarto dell'import europeo di carne dal Brasile, 27.000 tonnellate, e almeno metà di questa carne è indirizzata alla filiera della Bresaola. Secondo il Consorzio di Tutela, vengono prodotte ogni anno 18.000 tonnellate di bresaola, ottenute da circa 35.000 tonnellate di carne lavorata e stagionata in Valtellina, ma in gran parte di provenienza sudamericana, mentre meno del 3% è carne italiana e piccole percentuali vengono da altri Paesi Europei. I produttori spiegano che sarebbe impossibile ottenere questo risultato con le superfici disponibili in Italia, in quanto per produrre tutta la Bresaola occorrerebbero tagli selezionati da 6 milioni di bovini, un numero che supera la consistenza totale dell'intero allevamento bovino italiano, e terreni pascolativi per 6 milioni di ettari (la SAU italiana è di 12,5 milioni di ettari). È vero che il consorzio di tutela ha sottoscritto nel 2017 un accordo con Coldiretti per arrivare alla produzione di bresaola di carne italiana, ma questo accordo prevede di arrivare entro il 2020 all'acquisto di carne da 30.000 bovini allevati in Italia: ovvero lo 0,5% di quelli che sarebbero necessari per l'intera produzione.

Insomma, quel vago aroma di affumicato che contraddistingue la bresaola industriale (Rigamonti, ma non solo), più che dall'aggiunta di un aroma, ricorda gli incendi con cui la foresta primaria brasiliana viene divorata per essere trasformata prima in pascoli per l'allevamento estensivo, e poi in coltivazioni intensive di soia OGM (anch'essa esportata in Europa, per nutrire gli allevamenti intensivi, non solo di bovini ma soprattutto di suini e pollame).

Contro il cambiamento climatico occorrono anche comportamenti virtuosi dei consumatori, a partire dalla riduzione del consumo di carne: ora sapete da quale carne cominciare.

Per maggiori info http://www.bresaolavaltellina.it/materia-prima/